Diritti ed emozioni a rischio con l’IA: l’allarme lanciato da Rodl & Partner dalla Borsa di Milano

Discriminazione, violazione della privacy sono alcuni rischi connessi a un cattivo utilizzo dell'IA, diventata una priorità per attraction e retention nelle organizzazioni.

Vantaggi e rischi per lavoro e diritti cagionati dall'ingresso dell'intelligenza artificiale nel convegno alla Borsa di Milano organizzato da Rodl & Partner
Nadia Martini

Discriminazione, violazione della privacy, deepfake, concorrenza sleale e possibile scomparsa di molti posti di lavoro sono i rischi correlati a un cattivo utilizzo dell’intelligenza artificiale. L’argomento è stato oggetto dell’intervento di Nadia Martini, l’avvocata di Rodl & Partner protagonista del convegno organizzato oggi al palazzo della Borsa di Milano. Intitolato “Digitalizzazione, A.I e sostenibilità nei rapporti di lavoro”, l’appuntamento è stata l’occasione per fare il punto sul futuro di diritti, lavoro e persino dei sentimenti personali a due anni dall’ingresso dell’IA generativa nelle nostre vite.

Lo scenario che fa da sfondo alla discussione è offerto da un report di Bankitalia, che parla di «ben 15 milioni (su 22) di lavoratori italiani» che sarebbero esposti allo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Di questi, sostiene la ricerca, circa «6 milioni sono a diretto rischio di sostituzione». Il problema sarebbe particolarmente evidente nei settori bancario e finanziario, delle comunicazioni e dei trasporti.

Le previsioni non ottimistiche formulate da Bankitalia si rifletterebbero anche nelle percezioni dei lavoratori se, come recentemente indagato da Boston Consulting Group (Bcg), solo 1 lavoratore su 4 (26%) è convinto che l’introduzione dell’AI in azienda non causerà alcun effetto di sostituzione di ruolo.

Secondo il 49% nuove tecnologie e AI andranno inoltre a modificare il loro profilo lavorativo richiedendo lo sviluppo di nuove competenze.

Problematiche del genere sarebbero aggravate ulteriormente dalla sfasatura inevitabile tra la velocità dell’innovazione tecnologica e la maggiore lentezza della legislazione, che non si evolve allo stesso ritmo.

Certo, considera Nadia Martini di Rodl & Partner, «la digitalizzazione produce senz’altro degli importanti vantaggi nel mondo del lavoro. Basti pensare alla maggiore efficienza legata alla riduzione dei tempi dei vari processi, alla riduzione di errori umani; alla robustezza legata all’uso di logiche predittive, nella manutenzione come nella produzione, che automaticamente riduce i costi, problemi di guasti e interruzioni e migliora la produttività; alla sicurezza che, mediante l’automazione e la manutenzione predittiva, riduce i pericoli a cui sono esposti i lavoratori».


Tuttavia, riuscendo a «raccogliere massivamente dati personali, compresi quelli sulla salute e persino le emozioni», prosegue la legale, l’IA può essere già potenzialmente addestrata a «pensare e sentire come gli uomini».

Per evitare che l’uso di questi dati pregiudichi gli interessi dei singoli, sarà insomma indispensabile «rispettare le normative europee e nazionali, dal Regolamento Privacy Europeo sino all’AI Act e alla normativa NIS2 e Dora».

Le normative citate da Martini stabiliscono tutte «un principio di responsabilizzazione, chiedendo a ogni organizzazione di adottare un processo di risk management, ossia un metodo volto a valutare il livello di rischio connesso ai singoli strumenti adottati, per poi stimare le necessarie azioni di remediation e monitoraggio».

Sono poi molti altri gli studi che fotografano o prevedono veloci trasformazioni nel quotidiano lavorativo degli italiani a seguito dell’introduzione dell’intelligenza artificiale in azienda, trasformazioni cui le imprese si preparano con la formazione.

Il Workmonitor 2024 di Randstad rileva infatti che il per il 46% dei dipendenti in Italia è in corso un aggiornamento per le cosiddette ‘future skill’, le capacità professionali del futuro; formazione che – continua il rapporto – anche guardando solo il punto di vista dei lavoratori, è rilevante laddove il 32% degli intervistati dichiara che non terrebbe in considerazione una nuova opportunità lavorativa che non garantisse una formazione capace di renderli al passo coi tempi. E il 34% delle richieste è di formazione sul tema dell’intelligenza artificiale (AI).


«In un’epoca di grandi cambiamenti globali che impattano sul mercato del lavoro – commenta Maria Cristina Vaccarisi, Partner Public Sector – Società Partecipate e Utilities, di Keystone Executive Search (divisione di Randstad Italia) – è necessario osservare e comprendere le ambizioni, le attitudini e le aspettative di coloro che operano all’interno delle organizzazioni, prestando particolare attenzione alle diverse prospettive generazionali. Ciò che spicca tra i macro-temi globali della ricerca Randstad Workmonitor 2024, è il ruolo centrale dell’intelligenza artificiale, diventata una priorità per l’attraction e la retention nelle organizzazioni».

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