L’aiuto al reddito più amato dagli italiani? Secondo Coverflex è il welfare aziendale
La seconda edizione del "Rapporto sulla retribuzione" curato dalla startup specializzata in soluzioni welfare dipinge un'Italia al lavoro insoddisfatta del rapporto con le aziende, giudicate ancora poco trasparenti e attente ai bisogni di flessibilità e di sostegni concreti al reddito
Il dialogo tra le aziende e i lavoratori continua ad essere difficoltoso. Lo sostiene il Report diffuso da Coverflex, startup specializzata in retribuzione flessibile, che parla di un 74% di persone insoddisfatte in particolare dei propri compensi mensili.
L’indagine, giunta quest’anno alla seconda edizione, è stata realizzata per l’azienda da Toluna e si è svolta a settembre su un campione rappresentativo del mondo del lavoro italiano composto da mille lavoratori, per lo più di sesso maschile, provenienti da diverse aree del Paese e da contesti lavorativi differenti, in prevalenza situati nel Nord (45%) e assunti in aziende di piccole dimensioni (42%).
Tra gli altri risultati, emerge in particolare la disconnessione e la sfiducia tra lavoratori e aziende. Secondo il Report, il 60% degli intervistati pensa infatti che i criteri usati per determinare aumenti e promozioni non siano trasparenti, mentre il 33% parla di «disinteresse e poca attenzione» da parte dei vertici aziendali verso le loro esigenze.
Analizzando più nel dettaglio i dati, il Report condivide la posizione dell’OCSE, che parla dell’Italia come dell’unico Paese europeo dove i salari sono rimasti stagnanti negli ultimi 20 anni.
Solo un terzo degli intervistati sarebbe poi «completamente soddisfatto» della propria situazione lavorativa. La maggioranza invoca invece più flessibilità, trasparenza e ascolto.
Il giudizio complessivo assegnato alla propria condizione lavorativa non raggiunge in sostanza la sufficienza, il che rifletterebbe, secondo Coverflex, anche la mancanza di fiducia nelle capacità del management di prendersi cura dei dipendenti.
La frattura tra i vertici e i collaboratori sarebbe insomma importante: il senso di appartenenza, pur presente, non colmerebbe il bisogno di sentirsi ascoltati, apprezzati e supportati nel proprio percorso professionale.
Lo scenario tracciato dal Report mette quindi in luce la necessità per le aziende di intervenire in maniera incisiva per rispondere ai bisogni dei lavoratori, tra cui spicca la richiesta di adottare modelli di lavoro più flessibili.
Sebbene il 76% degli intervistati affermi che lo smart working migliora la qualità della vita e incrementa la produttività, secondo il Report il lavoro in presenza rimane dominante, con l’82% dei rispondenti che lavora ancora al 100% seguendo il modello tradizionale.
Al contrario, il 49% dei lavoratori da remoto ritiene le proprie condizioni di lavoro altamente flessibili contro solo il 25% di chi lavora interamente in presenza. Questo divario sottolinea l’importanza per i dipendenti di poter gestire autonomamente il proprio tempo e spazio lavorativo.
Venendo più nello specifico al welfare aziendale, i lavoratori hanno le idee chiare: il 63% di loro lo vedono come un «supporto tangibile alle spese quotidiane», il 61% come una «forma importante di sostegno al reddito» (61%), il 59% come un sistema capace di «aumentare il potere d’acquisto delle famiglie».
Eppure, tutto questo non basta. L’analisi di Coverflex rivela infatti come soltanto nel 20% dei casi le aziende effettuano indagini sulla soddisfazione o sui bisogni dei propri dipendenti, il che genererebbe un clima di sfiducia tra i lavoratori nei confronti del management, ritenuto incapace di prendersi cura delle esigenze del personale.
Il risultato di questa tendenza è un chiaro gap tra i benefit offerti e quelli realmente desiderati: i pacchetti welfare non sempre rispondono alle necessità effettive dei dipendenti, che spesso si dichiarano insoddisfatti dei servizi attuali.
Oltre al disinteresse delle aziende, secondo gli intervistati un altro fattore limitante è la scarsa conoscenza dei servizi disponibili e delle modalità di utilizzo da parte dei dipendenti (29%), probabilmente dovuta a una carente comunicazione interna aziendale (26%).
Se inoltre si considera che, come riportato da Coverflex, 3 lavoratori su 4 preferirebbero ricevere un aumento retributivo sotto forma di benefit anziché un aumento tradizionale in busta paga, è importante e necessario che le aziende operino con trasparenza per rendere il welfare aziendale un vero e proprio pilastro del benessere del dipendente, agevolandone e semplificandone l’accesso in modo da incrementarne l’efficacia.
In cima ai benefit più apprezzati restano comunque i buoni pasto, ricevuti dal 30% degli intervistati, per lo più in formato elettronico e con un valore che oscilla tra i 6 e gli 8 euro (sebbene al Sud si registri una maggiore incidenza di buoni pasto di valore inferiore ai 4 euro).
L’80% dei rispondenti li utilizza al supermercato, mentre 3 lavoratori su 5 dichiarano di spenderli quasi quotidianamente per coprire il costo del pranzo durante i giorni lavorativi.
Il compito di commentare i dati della seconda edizione del Report spetta a Mara Tonta, Marketing Manager di Coverflex, che individua comunque rispetto al 2023 «aree di miglioramento per le aziende italiane rispetto alle aspettative dei dipendenti».
Tuttavia, «il nostro studio rivela che la situazione attuale è lontana dall’ideale», rimarcando come in futuro «le aziende dovranno investire in relazioni più dirette e trasparenti con i dipendenti, valorizzandoli come individui. Questo approccio colmerà il divario di fiducia, creando ambienti lavorativi che promuovono sia la produttività che la qualità della vita».