Da leadership a peopleship: il nuovo paradigma del lavoro si fonda su connessione e benessere
L'Italia ha davanti a sé la grande opportunità di ridisegnare totalmente il mercato del lavoro: lo sostiene nel suo nuovo articolo l'advisor e facilitatore Franco Zullo.
di Franco Zullo*
Viviamo in un’epoca di rapidi cambiamenti: globalizzazione, digitalizzazione, sostenibilità e nuove tecnologie rendono velocemente obsoleti i tradizionali modelli di business e leadership. La pandemia del 2020 ha ulteriormente accelerato la necessità di adottare nuove modalità lavorative e di rivedere le priorità personali e professionali. Oggi, leader e imprenditori si interrogano su come rendere le loro imprese non solo competitive, ma anche durature in un contesto in costante evoluzione.
Tra gli studiosi che ci offrono una prospettiva chiara in materia, vi suggerisco la visione offerta da Ichak Adizes con la sua Formula del successo, basata sulla concezione delle persone come asset strategico.
Secondo Adizes, il successo aziendale dipende dall’integrazione esterna e dall’assenza di conflitti interni. Quando un’organizzazione riesce a creare sinergie con clienti, fornitori e comunità esterne, e contemporaneamente elimina tossicità e inefficienze interne, si pone le basi per la prosperità.
Ma se il successo dipende dalla qualità dell’integrazione interna ed esterna, l’elemento imprescindibile sono le Persone.
Le aziende che vogliono prosperare devono riconoscere che il loro vero asset strategico non è solo il capitale finanziario o la tecnologia, ma i lavoratori stessi.
Questo significa rispondere ai seguenti bisogni fondamentali:
- Purpose chiaro: dare al lavoro un significato profondo e orientato a un obiettivo condiviso.
- Valori autentici: creare fiducia, rispetto e responsabilità, tradotti in comportamenti concreti.
- Coinvolgimento attivo: rendere i lavoratori protagonisti dei processi decisionali.
- Meritocrazia e crescita: premiare l’impegno e offrire opportunità di sviluppo.
- Riconoscimento reale: valorizzare il contributo di ciascuno.
- Flessibilità e equilibrio: permettere una sana conciliazione tra vita personale e professionale.
- Retribuzione equa: garantire che il lavoro sia adeguatamente remunerato.
Volendo riassumere la visione del celebre studioso, considerato uno dei maggiori esperti al mondo di leading management, le si potrebbe accostare l’altrettanto preziosa citazione mutuata dall’imprenditore Adriano Olivetti, che invitava a trattare «Le persone come fine e non come mezzo».
Il ruolo della leadership è, dunque, centrale. I leader non devono infatti limitarsi a gestire, bensì devono creare un ecosistema capace di promuovere produttività, benessere e innovazione.
Alcuni passi essenziali includono:
- Incoraggiare un mindset dinamico: favorire collaborazione e crescita.
- Coltivare un ambiente inclusivo: permettere a ogni idea di essere ascoltata ed accolta.
- Celebrare i successi e imparare dai fallimenti: trasformare ogni esperienza in un’opportunità.
- Promuovere spirito critico e innovazione: stimolare il pensiero analitico e creativo e l’adozione di nuove soluzioni.
- Personalizzare gli incentivi: riconoscere e rispondere alle esigenze individuali.
Venendo all’Italia, il nostro mercato del lavoro italiano presenta numerose criticità che, se affrontate nel modo giusto, possono trasformarsi in opportunità.
Tra i problemi più evidenti possiamo citare:
Disengagement: solo il 5% dei lavoratori si sente realmente coinvolto nel proprio lavoro, un dato allarmante che riflette una mancanza di motivazione e senso di appartenenza, come evidenziato da una ricerca di Gallup.
Clima tossico: la metà dei lavoratori italiani lotta in silenzio contro forme di disagio mentale, un segnale di un ambiente lavorativo spesso poco salutare (GoodHabitz).
Stress e burnout: il 70% dei lavoratori riporta di soffrire di stress o burnout, fenomeni che minano il benessere personale e la produttività (GoodHabitz).
Bassa produttività: con un tasso di assenteismo al 7,4%, l’Italia si colloca tra i paesi europei con i livelli più alti, secondo Confindustria.
Disallineamento delle priorità: l’87,3% degli italiani ritiene sbagliato fare del lavoro il centro della propria vita, segnalando un desiderio diffuso di un miglior equilibrio tra vita privata e professionale (Censis).
Questi dati delineano un panorama complesso, ma offrono anche una straordinaria opportunità di ripensare il mondo del lavoro in Italia, mettendo al centro il benessere delle persone, il coinvolgimento e un nuovo approccio alla produttività.
Una soluzione possibile sarebbe lavorare meno, per lavorare meglio.
Si tratta di un modello di lavoro più sostenibile – lavorare per vivere, non vivere per lavorare – può partire dall’introduzione della settimana lavorativa di quattro giorni, come leva strategica.
Una scelta del genere potrebbe essere un incentivo per tutti i lavoratori coinvolti a rivedere il modo di lavorare, per efficientare le attività nel tempo, e ottenere in cambio come premio tempo prezioso, secondo il modello 100:80:100™ di 4 Day Week Global di cui ho parlato nel mio precedente articolo.
Secondo questo modello, le persone ricevono il 100% della retribuzione per l’80% del tempo lavorato, garantendo il 100% del raggiungimento obiettivi.
Per troppo tempo, insomma, molte organizzazioni hanno trattato la forza lavoro come semplici strumenti per raggiungere obiettivi aziendali. Oggi è fondamentale ribaltare questa prospettiva: le persone devono essere considerate il fine ultimo dell’organizzazione, non un mezzo per generare solo profitti.
Perché questo tipo di approccio si possa affermare, è necessaria una vera e propria rivoluzione culturale, che implica le seguenti azioni:
- Investire sul benessere dei lavoratori, non solo per aumentare la produttività, ma per migliorare la loro qualità di vita.
- Creare un ambiente di lavoro inclusivo, dove ciascun individuo si senta valorizzato per il proprio contributo unico.
- Riconoscere il valore intrinseco delle persone, andando oltre la loro funzione lavorativa.
Adottare questo mindset porta non solo a migliori risultati aziendali, ma anche a un impatto positivo sulla società, in quanto promuove modelli lavorativi più sostenibili.
In concreto, i benefici, di questa trasformazione organizzativa, che impatta prima il Management e poi la restante popolazione aziendale, sono evidenziati da centinaia di aziende che hanno sperimentato la settimana lavorativa di 4 giorni con grande successo.
Chi lo ha fatto ha avuto i seguenti benefici:
Maggiore coinvolgimento: le persone si sentono gli artefici di un nuovo modo di lavorare e collaborare, e per questo trovano più motivazione e senso.
Incentivo alla felicità: conciliano meglio la qualità del tempo al lavoro con le loro passioni e vita personale.
Riduzione dello stress: i dati evidenziano un calo significativo dell’ansia (-33%) e del burnout (-68%), contribuendo al miglioramento del benessere psicofisico.
Migliore produttività: l’assenteismo si riduce del 63%, mentre la produttività registra un incremento del 28%, dimostrando che lavorare meno ore non compromette i risultati, ma li potenzia.
Attrattività trasversale: benefici evidenti sia per lavori fisicamente ed emotivamente impegnativi sia per quelli intellettuali.
Tornando di nuovo ad Adriano Olivetti, il celebre imprenditore diceva: «Una persona che lavora bene, oltre ad essere un lavoratore soddisfatto, è anche un cittadino migliore».
L’adozione di modelli come la settimana lavorativa corta non è solo una scelta etica, ma anche una strategia lungimirante per il successo aziendale.
In conclusione, le aziende italiane hanno l’opportunità di guidare un cambiamento epocale: valorizzare le persone per costruire un futuro del lavoro più equo, sostenibile e produttivo.
Investire nel benessere dei lavoratori non è solo la strada giusta, ma l’unica strada per prosperare in un mondo in continua evoluzione.
* Chi sono (da Linkedin)
Come guida strategica, advisor e facilitatore, aiuto le aziende a valorizzare il potenziale delle persone attraverso una metodologia basata su scienza e neuroscienza, per accelerare performance, produttività, collaborazione, benessere e impatto.