Se la reputazione fa “crash”, i talenti scappano: storie vissute di crisi nel libro di Luca Poma
Pubblicato da Engage Edizioni, il libro Crash Reputation racconta 50 + 1 case history di brand e personaggi pubblici che hanno vissuto momenti di crisi reputazionali, suggerendo strategie credibili per affrontarle e superarle
In un’epoca come quella contemporanea in cui le aziende faticano a trattenere al lavoro i giovani talenti, una delle condizioni essenziali per “guadagnarsi la loro amicizia” è avere un’alta reputazione pubblica. Ottenere quest’ultima e mantenerla nel tempo è reso ancora più arduo dalla enorme esposizione mediatica amplificata dai social network. Per queste e altre ragioni, può essere utile leggere Crash Reputation, il libro che raccoglie 50 + 1 case-history di crisi reputazionali realmente accadute che hanno coinvolto brand e personaggi molto noti.
Pubblicato da Engage Edizioni, il volume è l’ultimo lavoro di Luca Poma, professore di scienze della comunicazione e reputation management all’Università LUMSA di Roma e all’Università della Repubblica di San Marino, nonché tra i più apprezzati esperti in gestione della reputazione nel nostro Paese.
Il testo è stato scritto in collaborazione con Giorgia Grandoni e Alessio Garzina. Tra i casi raccontati ci sono storie che coinvolgono il settore pubblico e quello privato, dalla moda al mondo informatico, dall’azienda meccanica agli influencer digitali, dal professionista al politico, e riporta in modo circostanziato nomi e retroscena.
Sul tema oggetto del suo libro, Poma ha detto: «Quando si parla di reputazione poche cose affascinano il pubblico come tutto ciò che riguarda gli aspetti meno raccontati della gestione delle crisi: scandali, incidenti, emergenze, competizioni sleali tra concorrenti, tutti ingredienti irresistibili per il pubblico».
Alla maggior parte di noi, prosegue l’autore, interessa sapere «che cosa succede dietro le quinte quando le cose si mettono male, e questo – precisa ancora – è esattamente ciò di cui si parla nel libro, con un’analisi dettagliata di molti casi saliti all’onore delle cronache».
Tra i marchi protagonisti delle case history analizzate ci sono ad esempio Armani, Nike e Ferragni. Il testo analizza cosa è accaduto, cosa è stato gestito bene, ma anche cosa si sarebbe potuto fare meglio.
Lo scopo ultimo del volume è essere una sorta di manuale pratico, che possa dar modo ai lettori di imparare dagli errori (degli altri) e affrontare con maggior consapevolezza la gestione efficace della propria reputazione.
Su questo aspetto si è soffermata la co-autrice Giorgia Grandoni, ricercatrice nel centro studi della start-up innovativa Reputation Management, specializzata in servizi ad alto valore aggiunto nel settore della costruzione della reputazione e della gestione delle crisi reputazionali.
«Abbiamo deciso di illustrare i casi in modo trasparente, citando nomi, cognomi e brand, sia riguardo le crisi ben gestite che quelle mal gestite, perché siamo convinti che genuinità e autenticità siano valori fondamentali nel processo di costruzione della reputazione».
La tentazione di troppe aziende, continua la ricercatrice, è di «mettere la testa sotto la sabbia», quando le cose vanno male. Un atteggiamento del genere diventa però del tutto anacronistico oggi, «con l’avvento delle tecnologie 2.0 e l’affermarsi dell’impatto globale di Internet».
Nell’epoca attuale vale insomma solo una regola: «Il solvente universale di una crisi reputazionale è innanzitutto la capacità di saper chiedere scusa, un’azione catartica e un gesto straordinario. L’essere umano che sa farlo ha ‘la schiena dritta’, è in grado di guardare l’interlocutore negli occhi, capire il perché dei propri errori e impegnarsi a cambiare, affinché quanto è successo non accada mai più», rimarca ancora Grandoni.
Da segnalare, infine, anche la prefazione del testo, scritta da Nicola Menardo, avvocato penalista dello Studio Grande Stevens di Torino, e un contributo sulla storia della reputazione di Alberto Pirni, professore di Filosofia morale alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.