Benessere al lavoro: crescono gli investimenti, ma occhio al «carewashing»

La crescita di attenzione al benessere dei collaboratori ha spinto molte aziende ad investire molte risorse nel corporate wellness. Tuttavia sono molti i lavoratori che giudicano l'impegno più di facciata che reale.

Crescono gli investimenti in benessere aziendale, ma per molti dipendenti sono più di facciata che concreti

L’impegno delle aziende nella tutela del benessere dei propri collaboratori è molto più apparenza che sostanza. A dirlo, è un sondaggio di Gallup riferito al 2024, che ha individuato quasi un 80% di dipendenti a livello globale che ritiene che le proprie aziende non si preoccupino affatto del loro equilibrio psicofisico. Il dato contraddice la crescita nel mercato globale del benessere aziendale, attualmente stimata in quasi 70 miliardi di dollari. Un incremento che parrebbe destinato a proseguire anche nei prossimi anni: il report di The Business Research Company parla di un incremento del 37% entro il 2028, pari a quasi 96 miliardi di dollari complessivi.

Come si spiega una distanza così evidente tra dati numerici e percezione? Fornisce una possibile risposta Marika Delli Ficorelli, Head of HR di Zeta Service, che parla di “carewashing”, ossia un tipo di investimento in benessere dei lavoratori basato essenzialmente su iniziative superficiali, inadatte a soddisfare davvero le esigenze dei destinatari.

Secondo l’interpretazione fornita dalla manager, ci sarebbe insomma troppo spesso una discrepanza tra la retorica dell’azienda sulla cultura della cura e la reale esperienza quotidiana dei dipendenti. A riprova della sua visione, Delli Colli cita ad esempio le aziende che organizzano workshop sulla salute mentale nel quale vengono fornite indicazioni su come stabilire confini appropriati tra lavoro e vita privata. Al contempo, però, le medesime aziende non monitorano i carichi di lavoro, inducendo le persone a sacrificare il proprio tempo personale per rispondere a scadenze serrate. In questo modo, si innesca un corto circuito negativo per cui un’iniziativa potenzialmente virtuosa si trasforma in un boomerang per chi l’ha proposta.

In questi casi, osserva ancora la Responsabile HR di Zeta Service, «la fiducia verso il management e la capacità di guardare al proprio futuro con positività vengono drasticamente compromesse, rendendo inefficaci anche le migliori iniziative di benessere».

L’aggravarsi della distanza tra datori di lavoro e dipendenti provoca disimpegno e demotivazione, con costi per l’economia globale calcolati in quasi 9 trilioni di dollari, ovvero il 9% del PIL mondiale.

Oltretutto, quando abbondando le emozioni negative nei luoghi di lavoro, il turnover diventa sempre più frequente. Secondo il report State of the Global Workplace curato sempre da Gallup, i cosiddetti quiet quitters hanno infatti indicato che il miglioramento del benessere sul lavoro è considerato un obiettivo più importante rispetto all’aumento della retribuzione.

Invertire la rotta, promuovendo benessere vero, è quindi la vera sfida del mondo contemporaneo. Come raccoglierla? Secondo Delli Colli bisognerebbe costruire ambienti di lavoro permeati da «trasparenza, coerenza e fiducia, in cui le persone percepiscano un reale ascolto delle proprie esigenze e si sentano in questo senso valorizzate».

In ambienti del genere, la produttività non è vista come un ostacolo per il benessere delle persone, bensì come un alleato che potenzia i loro talenti.

La Head of HR di Zeta Service Marika Delli Colli suggerisce alle aziende alcune azioni concrete per evitare il carewashing
Marika Delli Colli

Perché si realizzi questa indispensabile alleanza, è quindi essenziale costruire «una people strategy che parta dall’ascolto delle persone e che guidi la realizzazione di azioni che sappiano rispondere agli specifici bisogni», ha aggiunto ancora la Head of HR.

In definitiva, per evitare il carewashing, le organizzazioni devono costruire una cultura aziendale autentica, basata su fiducia reciproca, empatia, sicurezza psicologica e integrità. Come farlo?

Zeta Service suggerisce un elenco di azioni concrete, indirizzandole specificamente a leader e aziende:

  • garantire coerenza tra parole e azioni: l’impegno e l’investimento delle aziende dovrebbero essere coerenti con i valori sui quali si fondano.
  • Coinvolgere le proprie persone: creare un clima di ascolto autentico e condurre valutazioni periodiche che permettano di comprendere le esigenze delle persone e di monitorare l’impatto delle proprie iniziative coinvolgendo collaboratori e collaboratrici, clienti e fornitori nelle decisioni che riguardano i benefit ed i servizi. Questo può avvenire tramite sondaggi, tavoli di lavoro e consulenze aperte, che rendono l’impegno aziendale più partecipato e reale. Per questo motivo Zeta Service ha sviluppato, con il supporto dell’Università Sapienza di Roma, Eleva People Value, uno strumento che consente di analizzare e monitorare il clima aziendale, offrendo alle imprese dati concreti per predisporre poi interventi mirati.
  • Rendere trasparente l’impatto delle proprie iniziative: pubblicare dati dettagliati e report trasparenti sui risultati delle iniziative. Questo può includere il monitoraggio e la pubblicazione di indicatori chiave di performance che permettano di dimostrare con concretezza i progressi e i risultati raggiunti.
  • Dare risposte diverse a seconda dei bisogni: personalizzare la proposta di valore con iniziative customizzate, evitando risposte standardizzate su un’idea avulsa dal contesto e dal target di riferimento.
  • Favorire lo sviluppo di una leadership consapevole: l’impegno verso pratiche autentiche dovrebbe essere parte della cultura aziendale. Investire in programmi di formazione, prima sulle linee di leadership e a seguire sul resto della popolazione, può aiutare a diffondere i valori sociali e ambientali e a far sì che l’intera azienda si muova in modo coerente.
  • Investire in progetti a lungo termine: impegnarsi in programmi di lungo periodo, con un impatto reale e sostenibile, evitando iniziative o promozioni legate a eventi specifici e trend del momento.
  • Ottenere certificazioni e standard esterni da enti indipendenti: certificazioni come la ISO 9001 o la UNI/PdR 125:2022 per la parità di genere, che per loro natura prevedono un monitoraggio costante interno e assessment di verifica annuali, offrono garanzie per collaboratori e collaboratrici, clienti e fornitori, migliorano e garantiscono la credibilità delle iniziative, validando l’impegno dell’azienda verso standard sociali e ambientali.
  • Favorire la responsabilità e l’accountability: rendere responsabili le figure chiave per i risultati può aiutare a mantenere l’impegno e la trasparenza a lungo termine.

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