Quanto “valore” mi dai? Il libro “Il valore non ha età” presentato da GIDP in Danone
Si intitola "Il valore non ha età - persone e organizzazioni oltre il divario generazionale" il libro presentato dal Gruppo Intersettoriale Direttori del Personale alla presenza della coautrice Giulia Tossici, oltre che della presidente nazionale GIDP Marina Verderajme e dell'internal communication specialist dell'azienda, Alessia Marsegaglia.
di Alessandra Cicalini
«Quanti anni hai?». Tutti noi, almeno una volta nella vita, ci siamo sentiti rivolgere questa domanda. Se è successo sul posto di lavoro, per alcuni ha significato, magari, essere definiti «troppo giovani» per un determinato ruolo, per altri «troppo vecchi».
In entrambi i casi, la domanda sull’età potrebbe essere definita come il primo “bias”, il primo filtro, attraverso cui leggiamo il mondo, ma le differenze generazionali tra persone che condividono lo stesso ambiente di lavoro non necessariamente provocano divisioni: semmai, possono essere la base di partenza per creare relazioni di valore utili per tutti.
Da un assunto del genere è partito l’interessante incontro organizzato dal Gruppo Intersettoriale Direttori del Personale nella sede della Danone a Milano. Protagoniste dell’iniziativa la presidente nazionale di GIDP Marina Verderajme, l’internal communication specialist dell’azienda, Alessia Marsegaglia, e Giulia Tossici, psicologa e advisor DE&I, oltre che coautrice del libro Il valore non ha età. Persone e organizzazioni oltre il divario generazionale.
Scritto con Ilaria Marchioni e Gaia Moretti, il volume si sofferma sulle caratteristiche delle cinque generazioni di italiani al lavoro in questa fase storica, con l’obiettivo di aiutare in particolare i responsabili DE&I nello svolgimento della loro delicata mansione.
Un bias come quello generazionale, sostiene Tossici, «ci serve», come del resto tutti gli altri, che l’autrice definisce come delle «ipotesi che noi facciamo sul mondo per poterci adattare il più velocemente possibile alle sollecitazioni» che ci vengono poste.
I bias, però, «non possono essere l’unico filtro con cui leggiamo il mondo», aggiunge Tossici, ma in particolare quello sull’età è un ottimo punto di partenza per riflettere sulla percezione del tempo, sicuramente diversa a seconda se si è Baby Boomer/Gen X e parzialmente Millennial, o se si è GenZ.
A supporto del suo ragionamento, Tossici mostra alcune slide, che si soffermano sulle dicotomie più frequenti associate a una generazione anziché all’altra. La più classica di tutte è quella sulla velocità versus approfondimento. Alla prima di solito si collegano i giovani, alla seconda gli adulti/anziani.
Trasportate nel contesto lavorativo, le contrapposizioni illustrate nelle slide dicono che i senior bollano i collaboratori junior come persone che si demotivano facilmente, al contrario i junior considerano i senior troppo rigidi. O ancora, guardando alla digital attitude, i junior giudicano i senior come tecnofobici, i senior giudicano i junior come tecnomaniaci. E così a cascata.
Si tratta, naturalmente, di tendenze che non riguardano la totalità dei lavoratori, precisa ancora l’autrice, ma su un punto Tossici è netta: «Una generazione dura finché non ne compare un’altra che dalla precedente si differenzia». Ciò significa, in altri termini, che i bias illustrati nel libro affondano su cambiamenti reali avvenuti nella società contemporanea, a partire dall’avvento delle tecnologie digitali.
«Scienza e tecnologia sono ben più che semplici strumenti, bensì impattano sulla nostra stessa struttura biologica», precisa infatti l’autrice, che spiega così perché i Gen Z, pur essendo numericamente di meno, fanno però «molto rumore», con le loro richieste manifestate apertamente di reale work life balance e scarso interesse per il riconoscimento in azienda e per la sola remunerazione.
Gli under 35 sono in sostanza profondamente diversi, sostiene ancora Tossici, ma anche tra i Millennial c’è un gruppo, quello nato tra i 1977 e il 1985, che potrebbe in qualche maniera fare da ponte tra i senior e i junior, perché è l’ultimo che si ricorda com’era la vita prima dell’avvento del digitale, nutrendone anche un pizzico di nostalgia.
I cosiddetti Xennials mostrerebbero insomma che punti di contatto tra generazioni ce ne sono, come quello che ad esempio si crea tra GenX e GenZ. I primi sono quelli dell’autonomia come valore messo al primo posto accanto al ripiegamento sul privato dopo la stagione dell’impegno politico. I secondi sono spesso figli dei primi e nutrono nei loro confronti grande attaccamento.
I Baby boomer sono invece spesso genitori dei Millennial, che con loro riescono più facilmente a dialogare.
Lavorare insieme è in definitiva possibile, al di là dell’età anagrafica che ci è toccata in sorte. Ne sono convinti anche in GIDP, che ha deciso di dedicare il 2025 proprio al tema delle persone e al dialogo intergenerazionale, ha rivelato Marina Verderajme durante la presentazione in Danone.
Un percorso del genere non poteva che essere condiviso dall’azienda associata padrona di casa dell’incontro, che è benefit e bcorp, oltre che certificata per la parità di genere, come ha raccontato Alessia Marsegaglia. Fiore all’occhiello di Danone è la sua policy aziendale, particolarmente attenta alla genitorialità condivisa e alla formazione personalizzata, valida per tutti i centomila dipendenti del gruppo.