Jobs Act, che fare dopo il sì ai referendum targati Cgil

L'avvocato giuslavorista Fabrizio Grillo si sofferma sul contenuto dei quattro quesiti oggetto del referendum in materia di lavoro sui quali saremo chiamati ad esprimere il nostro voto, dopo l'ok ricevuto nei giorni scorsi dalla Corte Costituzionale

di Fabrizio Grillo *

Il parere dell'avvocato giuslavorista Fabrizio Grillo in merito ai quesiti oggetto del referendum promosso dalla Cgil in materia di lavoro giudicato ammissibile dalla Corte Costituzionale

A seguito dell’ammissione da parte della Corte Costituzionale dei quattro referendum promossi dalla Cgil in materia di lavoro, saremo chiamati quest’anno ad un voto di notevole importanza per il panorama giuslavoristico. Ci si potrebbe limitare nella valutazione al piano politico-sociologico (che sembra connotare fortemente questo voto), ma probabilmente c’è un significato ulteriore da tenere in considerazione. Quanto meno rispetto al primo e al terzo referendum (quello sull’abolizione della normativa introdotta dal Jobs Act relativamente ai licenziamenti e quello sui contratti a termine) dovremo decidere se tornare ad un sistema ormai da anni superato rappresenti un progresso o meno.

Rispetto ai licenziamenti, il relativo referendum si propone di abrogare del tutto il sistema del Jobs Act già in essere da un decennio, per tornare all’applicazione di quella che storicamente – pur con le modifiche intervenute – ha rappresentato una zona di conforto per i lavoratori, vale a dire l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.

Il sistema del Jobs Act è stato peraltro già significativamente impattato (in senso apparentemente più tutelante per i lavoratori) da due pronunce della Corte Costituzionale. La prima, ha sostanzialmente reso non vincolante per i giudici il sistema delle tutele crescenti, dichiarandone l’incostituzionalità nella parte in cui parametrava l’indennità risarcitoria per i licenziamenti illegittimi a due mensilità per anno di servizio.

La seconda, dello scorso anno, ha esteso l’ipotesi di reintegra in servizio, che risultava relegata a circostanze residuali nel sistema del Jobs Act, anche ai casi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo in cui sia dimostrata l’insussistenza del fatto fondante.

Quello che ci si domanda ora – e su cui saremo anche chiamati a valutare – è se in nome del valore della tutela dei lavoratori saremo disposti ad inviare agli investitori il messaggio di un sistema (che già ha risentito negli ultimi anni di significative delocalizzazioni, tanto da necessitare di provvedimenti specificamente mirati a contenerle) che per evolversi necessita di tornare indietro.

Ciò a prescindere dalla considerazione che l’attuale convivenza del sistema del Jobs Act con le residue applicazioni dell’art. 18 (ad oggi limitate agli assunti prima del 7 marzo 2015), appare come una discrepanza che sarebbe opportuno superare.

Per quanto invece riguarda il referendum sui contratti a termine, il relativo quesito propone, tra l’altro, il ritorno al sistema (anche precedente al Jobs Act, e che aveva generato notevole contenzioso giuslavoristico), che richiedeva causali temporanee anche nei primi dodici mesi di durata del rapporto a termine.

Rispetto a questo referendum, l’ulteriore domanda che sarebbe opportuno porsi è se, in caso di approvazione, l’effetto sarebbe quello – intentato – di ridurre l’utilizzo di contratti “precari”, o se invece vi potrebbe essere il rischio che la modifica impatti sull’occupazione in generale, limitandosi a ridurre solo la sua quota precaria senza significativo beneficio per quella stabile.

* Chi è l’autore

Sono un avvocato giuslavorista ed opero da diversi anni presso lo studio legale internazionale Hogan Lovells. Ho maturato negli anni una significativa esperienza nell’assistenza alle aziende italiane e multinazionali operanti in diversi settori rispetto alle problematiche giuslavoristiche ed alla gestione del personale, sia nelle questioni day by day che in attività di carattere straordinario, quali ad esempio le riorganizzazioni. Ho assistito aziende italiane e straniere rispetto ai profili giuslavoristici inerenti numerose operazioni societarie (sia acquisizioni che dismissioni), compresi trasferimenti di azienda e ramo di azienda.

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