Contratti bloccati per 6,6 milioni di lavoratori: la lunga attesa del rinnovo

Tempi in calo, ma il nodo salariale resta, secondo quanto emerge dagli ultimi dati Istat. L'avvio del 2025 fra incertezze e pressioni sindacali

A fine 2024, quasi la metà dei lavoratori italiani attende ancora il rinnovo del contratto nazionale. Sono 28 i contratti collettivi in sospeso, riguardano 6,6 milioni di persone tra settore pubblico e privato. Lo rileva l’Istat, che evidenzia però un dato positivo: il tempo medio di attesa per il rinnovo si è ridotto, passando dai 34,1 mesi di inizio anno ai 21,7 di dicembre. Un’accelerazione che, sebbene incoraggiante, non scioglie i nodi centrali delle trattative, primo fra tutti il recupero salariale rispetto all’inflazione.

Il comparto pubblico resta il più esposto: scuola, sanità e amministrazioni locali sono ancora in larga parte senza un nuovo accordo economico. «Le trattative sono in corso», segnala l’Aran (l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni), ma i tempi dipenderanno dalla disponibilità di fondi e dalla volontà politica di chiudere i dossier.

Nel settore privato, invece, il quadro è più variegato. Mentre alcune categorie, come il commercio e la logistica, devono ancora trovare una sintesi tra domanda e offerta salariale, in altri comparti – come quello metalmeccanico – i rinnovi sono stati siglati, pur restando aperte vertenze su dettagli economici.
Uno dei temi centrali è l’adeguamento salariale: nel 2024 i salari contrattuali sono cresciuti in media del 2,3%, mentre l’inflazione, dopo aver toccato il 5% a metà anno, è scesa al 2,8% a dicembre. Un miglioramento, ma insufficiente per un pieno recupero del potere d’acquisto.

I sindacati insistono per aumenti più consistenti, soprattutto nei settori più esposti alla crisi, mentre le imprese richiamano alla prudenza, temendo un impatto sui bilanci in un contesto economico ancora incerto. La questione degli arretrati salariali è un altro punto critico: il lungo stallo nei rinnovi ha generato accumuli di pagamenti che le aziende potrebbero dover liquidare in un’unica soluzione o con rateizzazioni pesanti.

Il 2025 si è aperto con una sfida chiave per il governo e le parti sociali: bilanciare la sostenibilità economica con la necessità di garantire stipendi adeguati. La contrattazione decentrata potrebbe assumere un ruolo chiave in diversi settori, diventando il principale meccanismo per modulare gli aumenti salariali in funzione delle esigenze specifiche delle aziende e delle realtà territoriali.
A complicare il quadro, anche il contesto politico: con le elezioni europee alle porte e il Documento di Economia e Finanza (Def) in arrivo ad aprile, le decisioni sui rinnovi potrebbero intrecciarsi con le strategie economiche del governo.

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