
Come parli? La competenza linguistica in azienda, leva strategica sottovalutata
Una ricerca di Babbel for Business e del Politecnico di Milano evidenzia il basso investimento delle aziende italiane nell'apprendimento linguistico, nonostante il loro comprovato impatto su relazioni internazionali e crescita professionale
Babbel for Business, piattaforma di corsi di lingua per aziende, ha presentato i risultati di una ricerca condotta con l’Osservatorio HR Innovation Practice della School of Management del Politecnico di Milano. Lo studio, illustrato nel White Paper “La formazione linguistica e il ruolo della tecnologia: come il digitale potenzia l’apprendimento e le performance aziendali”, analizza l’impatto dell’apprendimento linguistico sul luogo di lavoro.

La ricerca si è basata su due survey, sottoposte nel 2024 a referenti HR di aziende italiane e a lavoratori delle stesse organizzazioni, coinvolgendo 14 imprese e 30 dipendenti appartenenti ai settori Manifatturiero (57%), Digital (22%) e Servizi (21%).
Dai dati emerge che le aziende destinano solo il 9% del budget totale per la formazione allo sviluppo delle competenze linguistiche. Le principali motivazioni per l’investimento includono il miglioramento delle relazioni internazionali (57%), il mantenimento dell’impiegabilità e della competitività (43%) e l’innovazione aziendale (43%). Un terzo delle aziende considera inoltre la formazione linguistica come un elemento chiave per arricchire l’“Employee Value Proposition”.
Secondo Roberta Riva, Senior Manager di Babbel for Business, «le aziende e gli utilizzatori finali della piattaforma Babbel for Business che hanno partecipato all’indagine evidenziano come l’apprendimento linguistico sia sempre più rilevante in un contesto di business globale ed interconnesso. Dai risultati emerge che lo studio delle lingue sul luogo di lavoro risponde a un duplice obiettivo: da un lato, è fondamentale per costruire e mantenere relazioni di valore, sia con clienti sia con fornitori; dall’altro rappresenta un valore aggiunto per candidati e collaboratori, permettendo loro di esprimere le proprie competenze in contesti internazionali e di accedere a maggiori opportunità di crescita professionale».

Chiara Tamma, Ricercatrice dell’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano, ha sottolineato che «quasi la metà dei cittadini europei dichiara di possedere scarse competenze linguistiche e, in Italia, solo una minima percentuale di organizzazioni mette a disposizione dei propri dipendenti percorsi di apprendimento delle lingue straniere. Le competenze linguistiche e interculturali rappresentano una vera e propria risorsa, leve per il successo e per la crescita nei mercati globali. Nonostante la strada da percorrere verso il multilinguismo e i suoi benefici sia oggi ancora lunga, possiamo vantare un prezioso alleato per efficientare tempi e costi dell’apprendimento e migliorare l’esperienza offerta ai discenti: il digitale».
Sul versante dei lavoratori, i benefici percepiti riguardano soprattutto il miglioramento delle relazioni professionali, l’applicazione pratica delle competenze linguistiche acquisite e la valorizzazione professionale, come riconoscimenti e opportunità di carriera. I lavoratori tendono però a considerare meno la formazione linguistica come un fattore di innovazione e crescita aziendale rispetto alle Direzioni HR.
La scelta dei destinatari dei corsi di formazione linguistica è generalmente strategica, influenzata da budget, ruoli aziendali e funzioni svolte. La maggior parte delle aziende analizzate offre i corsi solo a specifiche funzioni o a figure ad alto potenziale. I risultati della ricerca evidenziano la necessità di un cambio di prospettiva sull’apprendimento delle lingue in azienda, considerandolo non solo come uno strumento di comunicazione, ma come un fattore chiave per la competitività globale e lo sviluppo del talento.
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