
Leadership Learning Lab di ASFOR, sperare nell’intelligenza umana è ancora possibile
Resoconto del XIV Leadership Learning Lab organizzato dall'Associazione italiana per la formazione manageriale lo scorso 5 marzo all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
di Alessandra Cicalini
Coltivare la speranza in una fase storica come quella che stiamo vivendo potrebbe sembrare un atto di eroismo. Eppure, c’è chi non rinuncia a farlo, preoccupandosi anche di indicare possibili strategie per non cedere alle tenebre. Un esempio del genere è stato offerto dalla XIV edizione del Leadership Learning Lab, organizzato il 5 marzo scorso all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano dall’Associazione italiana per la Formazione Manageriale (ASFOR).

Intitolato “L’intelligenza oltre la superficie. Riscoprire il pensiero e la speranza”, l’iniziativa si prefiggeva innanzitutto di non essere “l’ennesimo convegno sull’intelligenza artificiale”, come sottolineato dal presidente Marco Vergeat, in apertura di lavori, dopo i saluti iniziali di Elena Beccalli, rettore dell’importante ateneo milanese.
Prima di lasciare la parola ai relatori, Vergeat ha richiamato l’attenzione della platea sulla necessità di non lasciare che il pensiero calcolante sia ristretto alla sola dimensione istruttiva. Secondo il presidente ASFOR serve invece tenere viva la dimensione educativa, «che accende la passione e permette di coltivare il pensiero libero, creativo e responsabile, l’unico che ci permette di migliorare il mondo così com’è».
L’intervento di Michael Cox: “La stampa libera e l’istruzione pubblica salveranno la democrazia”
Al ruolo delle università e delle scuole in genere ha attribuito molta importanza Michael Cox, professore emerito di relazioni internazionali della London School of Economics, intervenuto in collegamento durante la prima sessione dedicata agli “scenari geopolitici e avvenire delle democrazie”.
Il professore non si è detto più di tanto stupito né spaventato dal disordine mondiale attuale, considerando le numerose altre fasi della storia percorse da conflitti sanguinosissimi. La novità di oggi è però l’assai brusca interruzione dei precedenti venticinque anni di relativa pace, seguiti alla fine della Guerra Fredda. In questo scenario si è inserita la crescita della Cina e l’emergere di tutto il Sud del Mondo, due fenomeni “che hanno fatto perdere all’Occidente la sua sicurezza”, osserva Cox.
Stimolato dalle domande del vicepresidente ASFOR Roberto Brambilla, sull’esplosione delle fake news nella politica Cox ricorda ancora come queste ultime siano sempre esistite in concomitanza di grandi rivoluzioni. L’unico antidoto è restare pluralistici, dando spazio a tutte le voci, vera essenza della democrazia. Certo, oggi esiste il fenomeno della “weaponizzazione” dell’informazione provocata dai social media, ma la possibilità di mantenere un dibattito genuino tra le parti a garanzia della verità esiste ancora, nella misura in cui difendiamo la stampa libera e continuiamo a dare risorse all’istruzione pubblica.

L’intervento di Franco Bernabè: “Dobbiamo condurre una battaglia di civiltà contro lo strapotere della plutocrazia”
Meno ottimista in proposito è Franco Bernabè, economista, imprenditore e autore tra gli altri del libro scritto con Massimo Gaggi Profeti, oligarchi e spie, dal quale prende spunto il suo lungo intervento dedicato all’ascesa del numero due di Trump, J.D. Vance, e del suo indiretto creatore, Peter Thiel. Bernabè collega il loro successo ai mutamenti intervenuti nell’economia statunitense già durante l’era Clinton, alla metà degli anni Novanta. Proprio a quei tempi risale la trasformazione di internet da strumento libero, post-anarchico, a modello di business fortemente ancorato sulla pubblicità.
Di qui alla cosiddetta “Paypal Mafia” il passo è stato (relativamente) breve. La definizione di Bernabè si riferisce ai plutocrati che hanno finanziato l’ultima campagna elettorale del presidente Usa, in possesso di capitali talmente ingenti da poter essere investiti solo nella presa del potere politico.
Come fermarli? Secondo Bernabè «conducendo una battaglia di civiltà».
Massimiliano Valerii e Silvano Petrosino: che cosa comporta il ritorno del mito e del desiderio nel nostro presente?
Un’impresa di tale portata richiede tuttavia di «riscoprire un pensiero della realtà», il titolo scelto per la seconda sessione del convegno ASFOR, alimentata da Massimiliano Valerii, il direttore generale del Censis e da Silvano Petrosino, filosofo e professore di filosofia teoretica alla Cattolica, con il coordinamento di Vergeat.
Secondo Valerii, l’Occidente, figlio della cultura illuminista, sta vivendo una delusione profondissima su tutte e tre le promesse della modernità che l’hanno contraddistinta. «Libertà, prosperità economica e pace sono i pilastri in cui tutti noi abbiamo creduto in particolare dopo il 1989», ha considerato lo studioso. Questa nostra fede oggi non sarebbe più suffragata dai fatti. A riprova del suo ragionamento, il Presidente del Censis ricorda come appena il 20% della popolazione mondiale viva in Paesi liberi. Il Pil del mondo sarebbe sì raddoppiato negli ultimi trent’anni, ma oggi, a produrne il 59% sono le cosiddette economie emergenti, mentre all’Occidente spetta solo la fetta restante. Per non parlare della pace, spezzata al momento da 176 conflitti armati attuali contro gli 86 di soli 15 anni fa. «Ricordiamoci anche che la popolazione della Nigeria, destinata a diventare la quinta economia del mondo, nel 2070 supererà quella dell’intera Europa», avverte ancora Valerii.
Uno scenario del genere era insomma perfetto per la rinascita dello slogan “Make America Great Again”, scelto da Trump per la sua ultima campagna elettorale. Parole mitizzanti, che si agganciano al «fantasma che riecheggia in tutto l’Occidente sulla paura di essere spodestati», precisa il Presidente del Censis. Valerii sottolinea l’assenza attuale di una concezione teleologica della storia, ossia di «un orizzonte di senso». Mancando quest’ultimo, si precipita nel caos, una prospettiva inaccettabile per noi esseri umani. «Senza senso della storia torna il mito, che per definizione è fatale e funesto», rimarca lo studioso. In un contesto del genere, le tecnologie generative finiscono per essere percepite come il deus ex machina della tragedia greca. Come recuperare il senso? Secondo Valerii, smettendo di guardare personaggi come Elon Musk e J.D. Vance con il sopracciglio alzato. «Trump è stato eletto», osserva. Per ritrovare l’intelligenza sotto la superficie, insomma, a suo avviso bisogna capire quali sono le nuove categorie della politica di oggi.
Al suo ragionamento si contrappone in parte il punto di vista offerto da Silvano Petrosino, che sottolinea la presenza del desiderio come tratto ineliminabile dell’umano. Se è vero «l’uomo impara a desiderare guardando gli altri», è altrettanto vero che a partire dal Novecento abbiamo scoperto anche che esiste «il desiderio di niente e di innominabile». Nel momento in cui quest’ultimo concetto è apparso, grazie a Lacan, precisa il docente, siamo tornati a Socrate, e alla sua visione del “so di non sapere”, premessa per stare finalmente bene al mondo. Per queste ragioni, Petrosino non ha affatto paura del ritorno del mito, perché, a ben vedere, il mito non se n’è mai andato dalla storia dell’uomo. Semmai, è la razionalità falsa “che si sclerotizza”, ha aggiunto.
Di qui il suo invito a «recuperare il bene che c’è nel mito, accogliendo l’inquietudine innata in noi e ponendoci nell’ottica di «rifondare continuamente l’umanesimo», sottolinea ancora. A suo avviso, insomma, «la razionalità umana è drammatica, non necessariamente tragica». Partendo dalla parola “ratio”, che vuol dire calcolo, misura, basta essere consapevoli del fatto che per noi umani, ragionare è «misurare umanamente», il che significa «non dividere in parti uguali come farebbe una macchina», bensì come facciamo nelle nostre case.
Citando Roland Barthes, Petrosino rimarca come sia in fondo questo l’insegnamento che possono lasciare gli uomini più anziani, quelli dotati di sapienza, che consiste in «un po’ di sapere, tantissimo sapore, nessun potere». Nelle due fasi precedenti della vita si cercherà di insegnare ciò che si sa e ciò che non si sa, diceva sempre il filosofo francese. A questo servono, secondo il docente della Cattolica, materie come letteratura, arte, filosofia, al di là di come siano trasmesse.

Gianmario Verona: «Sì alla ibridazione dei saperi grazie alle tecnologie generative»
Della tecnologia che sta cambiando radicalmente il nostro modo di lavorare ha quindi parlato dalla prospettiva più ampia scelta dagli organizzatori del Leadership Learning Lab Gianmario Verona, presidente della Fondazione Human Technopole, nella terza sessione moderata dal vicepresidente vicario ASFOR, Giorgio Colombo.
«Non sono molto sorpreso dal disordine mondiale», ha esordito lo studioso, per il quale il fenomeno sarebbe in qualche maniera alimentato anche dalla “terza rivoluzione industriale” che stiamo vivendo. Tornato ad insegnare dopo sette anni di pausa, Verona ha raccontato di essersi trovato davanti a una platea di studenti profondamente trasformata dall’avvento in particolare di Chat Gpt. “Che fare?”, si è chiesto, ossia «come cercare di valorizzare la parte culturale dell’insegnamento e dall’altra parte come sfruttare le tecnologie per rendere più efficiente il sistema educativo?».
Il suggerimento di Verona è piuttosto radicale ed è riassumibile nella parola “ibridazione”. Che cosa intende? Smantellare l’impostazione della formazione scolastica e soprattutto universitaria tuttora molto verticale a favore di un approccio che permetta a chi studia di «unire i puntini».
Secondo il Presidente di Technopole, per poter governare almeno in parte il disordine cifra della nostra epoca, bisogna quindi «favorire l’integrazione dei saperi e trasferire ai nostri discenti una cultura tecnica della macchina stessa». Detto in altri termini, occorre dotare tutte le persone di «un po’ di conoscenza matematico-scientifica in più e insieme di un po’ di conoscenza umanistica in più».
La sfida che abbiamo davanti è sicuramente grande, ha precisato ancora il docente, ma bisogna guardarla non con lo specchietto retrovisore.
Verona dice insomma di sì ai podcast e a tutti gli strumenti oggi a nostra disposizione in grado di favorire la trasmissione di emozioni. «Il momento che stiamo vivendo è anche affascinante», ha rimarcato.
A Elio Borgonovi e Marco Vitale il premio ASFOR – ISVI “EXCELLENCE INNOVATION 2025”
Analoga passione anima anche gli interventi di Elio Borgonovi, Professore Emerito dell’Università Bocconi e Presidente APAFORM, e di Marco Vitale, economista d’impresa, insigniti dell’ASFOR-ISVI AWARD “EXCELLENCE INNOVATION” 2025, consegnato loro in chiusura di pomeriggio dal presidente Vergeat.
L’importante riconoscimento viene assegnato annualmente dai due enti a personalità che hanno avuto un ruolo determinante nei processi di apprendimento, generando un impatto reale nella società e nell’impresa.
Nella motivazione della scelta di attribuirlo al professor Borgonovi, gli organizzatori danno ampio spazio all’attività pionieristica del presidente di APAFORM «nello sviluppo degli studi di economia aziendale e management applicati a tutti i settori di interesse pubblico». A Borgonovi spetta infatti il merito di aver fondato il CERGAS, e di aver saputo «trasferire i principi e le buone pratiche manageriali nelle Istituzioni e Aziende Socio-Sanitarie italiane».
Con la sua azione di «maestro accademico», Borgonovi ha inoltre «consentito a decine di giovani ricercatrici e ricercatori di rimanere in Italia e di portare la cultura del nostro Paese in tutti i numerosi network internazionali».
Sul premio e in generale sugli stimoli emersi dal Leadership Learning Lab Borgonovi ha rimarcato: «L’Occidente è morto non con Trump, ma quando è stato detto che l’economia poteva dominare su tutto», ha rimarcato.
Come levare la polvere dalla superficie delle nostra intelligenza? Secondo lo studioso, «smettendo di percepirci come elite che pensano di combatterne altre che hanno strumenti molto più potenti di noi e meno dubbi di noi».
Nella motivazione del premio attribuito a Marco Vitale ASFOR e ISVI invece sottolineano in particolare la sua capacità di trasmettere «la Cultura, la Visione e i Valori» anche «nelle istituzioni pubbliche e private di cui è stato amministratore». Fondatore e presidente di «Vitale – Zane & Co. S.r.l.», l’economista «è stato protagonista di importanti momenti di sviluppo del sistema universitario italiano, contribuendo a collocare il management nell’adeguata complessità culturale, nonché riscoprendo i processi di innovazione come centrali e determinanti per l’evoluzione e il successo delle imprese». Componente del Comitato scientifico di ISVI, Vitale «è riconosciuto come un leader esemplare e un maestro dal mondo economico, imprenditoriale e dalla comunità della management education italiana».
Ricevendo il premio, lo studioso ha sottolineato la necessità che l’Europa e l’Italia in particolare abbiano più coraggio, ricordando anche i pastori conosciuti durante la sua infanzia che «guardavano indietro per guardare avanti».
All’economista è toccato peraltro il compito di chiudere direttamente il pomeriggio di studio targato ASFOR, rifacendosi alle parole scritte dal giovane Piero Gobetti poco prima di morire, che suggeriva di «tenere lontane le tenebre del nuovo Medioevo», continuando a «lavorare come se fossimo ancora nel mondo civile».
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