
Stabilità oppure job hopping? Dipende. Uno studio di LiveCareer spiega perché
La scelta di restare a lungo in un posto di lavoro o al contrario di praticare il "job hopping" dipende da motivazioni individuali, ma anche dal tipo di professione che si esercita. LiveCareer classifica in uno studio i ruoli caratterizzati da alta, media e bassa stabilità, consigliando anche come comportarsi durante un colloquio di lavoro se si vuole essere considerati job hopper affidabili.
Vivere per lavorare o lavorare per vivere? La seconda è l’opzione preferita soprattutto dalle giovani generazioni, caratterizzate anche da un’altra abitudine, sempre più diffusa: il job hopping. Passare, “saltare” anzi, da un lavoro all’altro sta diventando sempre di più una strategia adottata proprio per ottenere crescita professionale e benessere maggiori.

Lo sostiene uno studio diffuso da LiveCareer, che traccia anche un identikit dei cosiddetti “job-hopper”. Si tratta di una categoria di lavoratori che cambia spesso posizione, portando spesso con sé una vasta gamma di competenze, esperienze diversificate e una rete di contatti costruita attraverso collaborazioni in diversi settori. La loro predisposizione al rischio e alle nuove sfide evidenzia flessibilità, resilienza e capacità di adattamento, qualità preziose in un ambiente lavorativo dinamico.
Nella scelta di passare da un incarico all’altro entra naturalmente in ballo anche la capacità di una determinata posizione di offrire o meno stabilità lavorativa. Ci sono in altri termini professioni che garantiscono sicurezza e continuità, mentre altre sono caratterizzate da una maggiore mobilità, spesso legata alla crescita personale, alla dinamicità dei settori o alla necessità di adattarsi alle nuove tecnologie.
Secondo LiveCareer, che ha analizzato attraverso il proprio builder oltre un milione di CV, è possibile classificare il livello delle professioni secondo il seguente modello:
– stabilità alta: da 3 in su;
– stabilità moderata: da 2 a 3 anni;
– stabilità bassa: fino a 2 anni.
Ma chi sono i lavoratori con un livello di stabilità alto? Gli informatici. Sebbene dinamico, il settore nel quale lavorano premia le loro competenze specifiche e l’aggiornamento continuo cui sono naturalmente tenuti con un’esperienza media di 11 anni e una media di 2,37 posizioni lavorative mantenute più stabilmente.
Appena sotto gli informatici ci sono gli impiegati amministrativi, caratterizzati da 14 anni di esperienza media e 3,26 posizioni.
Subito dopo ci sono gli infermieri e operatori socio-sanitari, con un’esperienza media di 11 anni e 3,64 ruoli. Il bisogno costante di personale qualificato in ambito sanitario e l’importanza delle competenze relazionali rafforzano la permanenza.
Gli insegnanti sono invece caratterizzati da una stabilità moderata, per via dei loro 13,5 anni di esperienza e 4,63 posizioni. La permanenza varia in base al contesto: nel pubblico c’è maggiore sicurezza, mentre nel privato o tra livelli educativi diversi si osserva una maggiore mobilità.
Ancora più bassa è l’esperienza media degli ingegneri, pari a 10 anni con 3,80 posizioni. La loro stabilità moderata riflette il passaggio tra progetti o aziende per acquisire nuove competenze e affrontare sfide tecniche.
Con 12 anni di esperienza e 5,22 posizioni, i giornalisti combinano infine stabilità con mobilità. Questo equilibrio è influenzato dalla necessità di adattarsi a un settore in costante cambiamento, esplorando nuove opportunità editoriali o digitali.
Tra le professioni con un basso livello di stabilità, ci sono poi gli addetti alle vendite, per i quali gli anni di esperienza media sono 8 e 5 ruoli. La mobilità è incentivata dalla natura del lavoro, spesso di breve durata, e dalla ricerca di condizioni migliori oppure opportunità in altri settori.
Con 7,5 anni di esperienza media e 4,94 ruoli, i lavoratori impiegati nell’assistenza clienti sperimentano una stabilità ridotta. L’alta rotazione riflette le difficoltà nel mantenere un impegno a lungo termine in un settore spesso caratterizzato da stress e remunerazione non competitiva.
Camerieri e baristi hanno invece solo 4 anni di esperienza media e 3 posizioni, mostrando di possedere una delle stabilità più basse. La flessibilità degli orari e la stagionalità del lavoro rendono comune il passaggio tra diversi datori di lavoro.
In sintesi, l’analisi di LiveCareer evidenzia come la stabilità lavorativa muti significativamente tra le professioni, influenzata dalla natura del lavoro, dalle aspettative personali e dalle dinamiche di settore. Professioni stabili, come quelle amministrative e sanitarie, offrono sicurezza e continuità. D’altro canto, ruoli con maggiore mobilità, come quelli legati alle vendite o all’assistenza clienti, rappresentano una scelta per chi cerca flessibilità o rapidi cambiamenti.
Come affermato da esperti HR, chi ha affrontato cambiamenti di carriera sviluppa una maggiore capacità di gestire i cambiamenti rispetto a chi rimane a lungo nella stessa azienda.
Molti scelgono il job hopping proprio per migliorare stipendio e benefit. Se un’azienda non offre aumenti adeguati, cercare altrove può essere la soluzione. Altre volte, è il desiderio di un ambiente lavorativo più sano a motivare il cambiamento, soprattutto in presenza di una cultura aziendale tossica o una gestione inefficace.
Il job hopping è anche una strategia per avanzare nella carriera. Quando mancano opportunità di promozione interne, cambiare ruolo può accelerare il percorso professionale. Inoltre, trasferirsi per motivi personali o per trovare nuovi stimoli può essere un’ottima ragione per cambiare lavoro.
E tuttavia, il job hopping presenta anche dei rischi, primo fra tutti la percezione di inaffidabilità da parte dei datori di lavoro. Troppi cambiamenti possono infatti far pensare a una mancanza di impegno o stabilità. È quindi essenziale spiegare bene le motivazioni durante i colloqui.
Non bisogna tra l’altro dimenticare che le aziende preferiscono candidati che garantiscono una permanenza più lunga visti i costi elevati che sostengono per formarli e assumerli. I datori di lavoro potrebbero in altri termini pensare che il frequente cambiamento di lavoro dipenda dalla mancata compatibilità con le aziende precedenti.
Altri svantaggi includono la possibile perdita di benefit, come l’assicurazione sanitaria, e il rischio di stress emotivo. Adattarsi continuamente a nuovi ambienti e ruoli può diventare destabilizzante e impedire di costruire relazioni professionali solide.

Se gli ostacoli sopra illustrati non rappresentano in ogni caso un ripensamento rispetto alla scelta di continuare a praticare il job hopping, è bene spiegare perché lo si adotta già durante il colloquio con un’azienda che vorrebbe assumerci.
In questa fase, è opportuno motivare la propria scelta come opportunità per crescere, trovare un ambiente più adatto o perseguire un migliore equilibrio vita – lavoro. Essenziale è usare esempi concreti per giustificare le nostre decisioni.
Si potrebbe dire qualcosa del tipo: «Ho cercato ruoli che mi permettessero di crescere e trovare un ambiente in linea con i miei valori. Credo che la vostra azienda offra questa possibilità».
Un’altra strada è valorizzare le esperienze già accumulate, sottolineando che le competenze e l’adattabilità sviluppate in ambienti diversi costituiscano il nostro vero valore aggiunto.
A sostegno della nostra tesi potremmo ad esempio dire: «Il job hopping mi ha dato l’opportunità di affrontare sfide diverse e di crescere rapidamente, rendendomi più flessibile e preparato».
Utile è poi rassicurare il selezionatore sul nostro desiderio di stabilità, mostrando come la posizione offerta sia in linea con i nostri obiettivi a lungo termine.
«Ora so cosa cerco in un’azienda e voglio costruire una collaborazione duratura. Questa posizione è perfetta per me», potremmo dire in questo caso.
La scelta tra stabilità e job hopping dipende in sostanza dalle priorità personali e professionali. Per alcuni, la continuità in un ruolo offre sicurezza e relazioni solide, mentre per altri, cambiare spesso lavoro è una strategia per crescere rapidamente e trovare nuove opportunità. La chiave è scegliere l’una o l’altra con consapevolezza.
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