L’arte di negoziare: tu chiamale, se vuoi, emozioni ben gestite
Rabbia, paura e gioia sono le tre emozioni primarie che giocano un ruolo essenziale nelle negoziazioni. La capacità di portare a casa un successo dipende moltissimo da come e quanto siamo capaci di convogliarle al meglio. Nel suo nuovo articolo il formatore Maurizio Mantovani spiega come fare anche con diversi esempi concreti.
La negoziazione è un processo intrinsecamente umano che non si limita alla sfera logica e razionale. Le emozioni giocano un ruolo fondamentale, influenzando decisioni, comportamenti e risultati. Riconoscerle, gestirle e sfruttarle a proprio favore è una competenza essenziale per qualsiasi negoziatore, sia che operi in contesti aziendali, diplomatici o personali.
Le prime domande da porsi sono dunque le seguenti: in che modo le emozioni interferiscono nel processo negoziale e come possiamo utilizzarle strategicamente per migliorare le performance negoziali?
Ho affrontato questi temi in un workshop decisamente sfidante, vista la profonda competenza dei partecipanti: gli Area Manager di FootLocker, professionisti abituati a negoziare a più livelli e contesti in ogni momento della loro giornata lavorativa.
Cos’è il potere negoziale
La negoziazione è un processo decisionale con cui almeno due parti, integrando percezioni, bisogni, obiettivi, motivazioni diverse, cercano di raggiungere un accordo, su un punto di interesse comune, tale da consentire di ottenere, per ciascuno, il massimo vantaggio. Questo processo è fondato su elementi oggettivi come per esempio le informazioni disponibili, le alternative praticabili, la capacità di soddisfare pienamente le esigenze della controparte, la pressione temporale, ma anche su elementi più soggettivi come la “percezione” della controparte di questi elementi. Agire su questa percezione sta alla base del potere negoziale, cioè capacità di un individuo o di una parte di influenzare l’esito di una negoziazione a proprio favore.
Durante la negoziazione la relazione con l’altra parte si sovrappone alla discussione nel merito delle questioni e questo mix è spesso disfunzionale.
Alison Wood Brooks, docente alla Harvard Business School, in un articolo comparso nella rivista del Program On Negotiation della Law Harvard School, ha evidenziato che – mentre dedichiamo molto tempo, prima di un negoziato, a studiare e preparare mosse tattiche e strategiche, offerte e controfferte – non ci impegniamo con altrettanta energia ad allenarci nel nostro approccio emotivo, a preparare cioè una “strategia emotiva” per il negoziato che dobbiamo affrontare, tenendo conto che c’è differenza quando le persone semplicemente provano queste emozioni e quando invece le manifestano anche all’altra parte attraverso parole, azioni, linguaggio del corpo.
Cosa sono le emozioni
Le emozioni sono regole, algoritmi inscritti nel nostro patrimonio genetico, selezionate durante il nostro percorso evolutivo che ci predispongono per dei comportamenti di fronte a stimoli esterni o interni.
Costituiscono un vero e proprio sistema di comunicazione: sono dei messaggeri, ci danno delle indicazioni, direzioni per prendere decisioni e interagire con le persone, l’ambiente esterno o interno. Le emozioni sono incarnate cioè si manifestano con espressioni corporali specifiche che ci permettono di riconoscerle.
Le cinque emozioni primarie, quelle cioè prioritarie per la sopravvivenza della razza umana sono:
1. disgusto: rappresenta la controtendenza al nostro desiderio di ingurgitare, di nutrirci, di crescere. Non tutte le cose che alla vista sembrano belle sono in realtà buone: il disgusto è emozione protettiva., ossi ha a che fare con l’eiettare, buttare fuori (sapore) o impedire di buttar dentro (odore). Dice qualche cosa di noi: a me questa cosa non piace. E’ l’emozione dei confini: mi aiuta a discriminare ciò che è bene da ciò che è male e a fare affidamento sui miei segnali interni invece che adattarmi sempre alle offerte dell’esterno. Le espressioni corporali del disgusto sono: si arricciano le narici, si rovesciano le labbra e si allarga la bocca come per spingere fuori.
2. Rabbia: si attiva quando sento un bisogno e percepisco un ostacolo tra me e la soddisfazione del bisogno. La rabbia predispone ad un azione che rimuove l’ostacolo: trova un modo per rimuovere l’ostacolo per raggiungere l’obiettivo o soddisfare il bisogno. Predispone la capacità di trovare soluzioni. Le espressioni corporali della rabbia sono: tensione muscolare nelle spalle, nel collo e nelle braccia, posizione di attacco, movimenti rapidi e decisi, fronte corrugata, sguardo intenso e pupille dilatate, mascella serrata, tono di voce più acuto o più tagliente, aumento della velocità del parlato, volume più alto, pugni stretti, respirazione accelerata, rossore del viso. La sudorazione può aumentare, specialmente nelle mani e sulla fronte. Ci tendiamo come una corda di un arco.
3. Paura: si attiva quando ci sentiamo vulnerabili rispetto alla percezione di un pericolo o di una minaccia. La risposta difensiva individuale può essere: fuga, attacco, freezing (immobilizzazione/finta morte). Le espressioni corporali della paura sono: contrazione del corpo, tremori, movimenti a scatti, sopracciglia sollevate (le sopracciglia si sollevano e si uniscono al centro, creando un’espressione di sorpresa o apprensione), occhi sgranati e pupille dilatate, mascella aperta, pallore, la voce può diventare più alta e tremante, balbettio, il volume della voce può diminuire, diventando quasi un sussurro. Alcuni gesti protettivi sono: le braccia possono essere incrociate sul petto o tenute in una posizione difensiva oppure manipolare oggetti, respirazione accentuata e sudorazione, (aumento della sudorazione, soprattutto nelle mani e sulla fronte) tendenza a evitare il contatto visivo diretto, guardando altrove o abbassando lo sguardo.
4. Tristezza: si attiva di fronte alla consapevolezza che sono dipendente da qualche cosa e l’ho persa (senso di perdita). Le espressioni corporali sono: angoli della bocca rivolti verso il basso, sopracciglia inclinate verso l’alto, occhi semichiusi, palpebre inferiori cadenti a causa del pianto, spalle cadenti, dando un’impressione di peso o di carico, movimenti lenti, testa china, tono di voce debole, monotona o soffocata, parlare lentamente con pause frequenti e sospiri frequenti, gesti minimi, poca interazione sociale, poca energia, seduta ripiegata.
5. Gioia: si attiva di fronte ad un bisogno raggiunto. Fa rilasciare dopamina, ossitocina, serotonina. Favorisce la memorizzazione e ripetizione dei comportamenti che hanno avuto successo e sono utili. Le espressioni corporali della gioia sono: sorriso ampio, occhi brillanti. guance sollevate, sguardo coinvolgente, contatto visivo diretto e amichevole, postura aperta, movimenti espansivi, tono di voce allegro, parlare velocemente, gesti coinvolgenti come abbracciare, stretta di mano energica, interazione sociale: le persone felici tendono a essere più socievoli e a interagire di più con gli altri e a stare più vicino.
Le emozioni sono una presenza costante nelle interazioni umane. Nella costruzione del potere negoziale possono fungere sia da ostacoli/interferenze che da leve potenti per ottenere risultati migliori.
Emozioni come interferenza
Durante una negoziazione, emozioni come rabbia, paura o anche entusiasmo (gioia) eccessivo possono distorcere la capacità di giudizio e influenzare negativamente il processo decisionale. Vediamo insieme una per una come possono impattare.
In primo luogo, la rabbia può portare a risposte impulsive, compromettendo la capacità di valutare razionalmente le alternative o quando si trasforma in aggressività compromettere la relazione con l’altro. Coloro che interpretano il negoziato come un gioco a somma zero, puramente competitivo, coloro che confondono la rabbia con l’aggressività, ritengono che la rabbia possa risultare produttiva, funzionale ad ottenere una fetta più grande della torta da dividersi. Qualcuno pensa che manifestare rabbia faccia sembrare più forti e capaci di strappare il risultato migliore. In realtà, l’effetto principale dell’espressione dell’aggressività, nella negoziazione e in generale nella vita, è minare la relazione con l’altro. E questo danneggia il processo negoziale, riducendo i guadagni comuni e aumentando il tasso di rifiuto delle offerte. Il giusto atteggiamento dovrebbe essere «duri con il problema ma morbidi con le persone».
La seconda emozione analizzata, ossia la paura, può invece spingere a fare concessioni non necessarie, pur di evitare un conflitto. L’emozione della paura si presenta in particolare nella fase che precede l’avvio di un negoziato. E tipicamente, la reazione, la tentata soluzione disfunzionale, è la più classica: l’evitamento. Prepararsi con profondità alla negoziazione è quello che produce risultati migliori. Sun Tzu nel suo celeberrimo testo L’arte della guerra diceva: «Il nemico che si conosce fa meno paura».
La terza emozione, la gioia, può infine rendere meno vigili, portando a sovrastimare le offerte dell’altra parte o ad accettare condizioni svantaggiose. D’altra parte, un eccesso di soddisfazione, un entusiasmo “sopra le righe”, per il raggiungimento di un accordo può ad esempio dare all’interlocutore la sensazione di non aver valutato con tutta la dovuta attenzione i termini dell’accordo.
Da qui può nascere un atteggiamento di sospetto, di delusione e la percezione di essere la parte “perdente”. Un buon negoziatore sa che i migliori accordi si raggiungono in una logica collaborativa, con un approccio di gioco a somma positiva. E non lascia mai l’altra parte nella percezione di essere l’unica parte a poter festeggiare i risultati.
Pensare di poter gestire le emozioni, in verità, non è un concetto corretto: essendo potenti e velocissime, non riusciamo realmente controllarle. Tuttavia, possiamo:
1. Distinguere tra realtà e reazione personale cercando di aumentare il nostro grado di consapevolezza stando nel qui e ora. Ascoltare e dare un nome all’emozione: la situazione o la persona che sembra aver provocato quel disagio nel presente, in realtà è uno specchio che riflette qualcosa di noi.
2. Riconoscere le nostre emozioni: imparare a leggere i segnali interni, come tensione muscolare o cambiamenti nel tono di voce, per identificare l’emozione dominante.
3. Fermarci, respirare profondamente e ritrovare il centro.
4. Assumerci la responsabilità delle nostre emozioni, senza lamentarci o incolpare altri o situazioni esterne.
Ricordiamoci sempre che non sempre ci è data la possibilità di influenzare quanto ci accade. Abbiamo però sempre la possibilità di decidere come interpretare ciò che è accaduto. C’è uno spazio tra lo stimolo e la risposta. C’è uno spazio tra il torto subito e la reazione rabbiosa, tra la paura da affrontare e la fuga, tra un insulto ricevuto e la replica stizzita. In questo spazio ci siamo noi, con i nostri bisogni e risorse, con la nostra libertà di decidere se e come rispondere.
E’ abitando questo spazio tra stimolo e risposta che possiamo dimostrare le persone che siamo e che tipo di persone vogliamo diventare. Perché davanti allo stesso stimolo, possiamo rispondere con premura o lamentela, con odio o amore, con offesa o ironia, con aggressività o con un sorriso.
5. Gestire le emozioni dell’interlocutore: le tecniche di ascolto attivo, empatia e validazione emotiva possono calmare la tensione e favorire un clima collaborativo.
Dunque, la domanda da porsi adesso è la seguente: qual è la chiave per trasformare le emozioni da interferenza in una risorsa? Risposta: l’intelligenza emotiva. Essere consapevoli delle emozioni proprie e altrui, regolarle e usarle strategicamente consente di costruire relazioni di fiducia e favorire soluzioni creative.
Di seguito trovate alcuni esempi di come possiamo utilizzare le emozioni nella negoziazione.
Rabbia
Piuttosto che vederla esclusivamente come un’emozione distruttiva o negativa, questa prospettiva enfatizza la sua funzione evolutiva: predisporre l’individuo all’azione per superare ostacoli e raggiungere obiettivi. In una negoziazione, questo concetto può essere estremamente utile se usato con consapevolezza. La rabbia, infatti, può diventare uno strumento di problem solving quando viene canalizzata verso la ricerca di soluzioni piuttosto che manifestata in modo impulsivo o aggressivo.
Ecco come fare:
- Identificare il bisogno dietro la rabbia: la rabbia segnala che c’è un bisogno insoddisfatto o una frustrazione causata da un ostacolo. Fermarsi un momento per analizzare quale sia il bisogno concreto è fondamentale. Un esempio pratico: se un cliente sta ritardando il pagamento, il bisogno reale potrebbe essere la stabilità finanziaria. La rabbia deriva dalla percezione che questo ritardo sta mettendo a rischio il tuo equilibrio economico. Esprimere questa frustrazione in modo chiaro e costruttivo può portare la controparte a comprendere l’importanza del problema: «Sono preoccupato perché i ritardi stanno creando delle difficoltà al nostro flusso di cassa. È importante per noi mantenere un equilibrio stabile».
- Trasformare la rabbia in energia propositiva: la rabbia è un’emozione che predispone all’azione. Piuttosto che reagire emotivamente, puoi sfruttare questa energia per pensare in modo più focalizzato e determinato. Esempio pratico: se percepisci un comportamento non collaborativo da parte dell’interlocutore, la rabbia può spingerti a formulare alternative o proposte più decise: «Se questa soluzione non funziona per voi, quali altre opzioni siete disposti a considerare?». La tua determinazione e il tuo focus sull’obiettivo possono far capire all’altra parte che non sei disposto a tollerare l’immobilismo.
- Indirizzare la rabbia verso la rimozione dell’ostacolo: piuttosto che concentrarti solo sul problema, usa la rabbia per focalizzarti su come rimuovere l’ostacolo. La domanda chiave diventa: «Quali azioni concrete possiamo intraprendere per superare questa difficoltà?». Esempio pratico: se un fornitore continua a non rispettare le scadenze, potresti proporre soluzioni alternative: «Per evitare ritardi futuri, possiamo rivedere insieme le cadenze o modificare le modalità di consegna?». Questo approccio trasforma la frustrazione in un dialogo costruttivo che facilita il problem solving.
- Mantenere il controllo per contrastare l’interlocutore: la rabbia manifesta in modo esplosivo come aggressività può generare resistenza, ma se espressa in maniera controllata, può comunicare all’altra parte che il problema è serio. Questo spesso induce l’interlocutore a rispondere con maggiore impegno. Esempio pratico: invece di alzare la voce, puoi dire con fermezza: «Non posso accettare ulteriori ritardi, perché questo sta compromettendo il nostro lavoro. Come pensi di risolvere questa situazione?».
Paura
La paura è un’emozione potente che può emergere in una negoziazione commerciale, sia da parte tua sia da parte della controparte. Se gestita consapevolmente e utilizzata strategicamente, la paura può trasformarsi in uno strumento utile per raggiungere un accordo favorevole. È importante però saperla gestire in modo etico e professionale per non danneggiare la relazione con l’interlocutore. Vediamo quali benefici in termini negoziali possono derivare dalla paura:
- Riconoscere la propria paura: prima di utilizzarla come leva strategica nella negoziazione, è fondamentale affrontare e controllare la tua. La paura può derivare, ad esempio, sensazione di perdere un accordo importante, dalla pressione per raggiungere un obiettivo specifico oppure dal timore di essere manipolato o sfruttato. Puoi gestirla, come abbiamo detto poco sopra, ottimizzando la preparazione: hai chiaro cosa vuoi ottenere? Hai definito la tua strategia negoziale con i valori limite su cui fondare le tue offerte? Conosci alternative e valori limite della controparte? La chiarezza delle opzioni ti darà sicurezza. Inoltre è utile razionalizzare la percezione del rischio, trasformando la paura in consapevolezza delle sfide reali. Chiediti: «Cosa succederà davvero se non concludo questo accordo? Quali sono i piani alternativi?». Molto utili durante la negoziazione sono le tecniche di gestione della respirazione. Di fronte al pericolo la corteccia cerebrale si spegne ed entra in azione il cervello rettile impulsivo: occorre un pronto intervento bottom up che si ottiene espirando. Espirare, buttare fuori il fiato è il contrario di quello che ci fa fare la paura, fare scorta di ossigeno. Inoltre le spalle, si abbassano, si riduce la produzione di cortisolo e si inganna il cervello: «forse non c’è tutto questo pericolo, forse questo NO non è così definitivo». Abbiamo il tempo di farci qualche domanda e riprendere controllo e consapevolezza.
- Individuare le paure dell’altra parte: usa l’ascolto attivo per focalizzare l’attenzione a segnali verbali e non verbali che possono rivelare ansie o preoccupazioni, come incertezze finanziarie, rischi reputazionali o paura di perdere un’opportunità e fai domande esplorative che aiutino l’altra parte a esprimere i propri timori. Ad esempio: «Quali sono le vostre principali preoccupazioni rispetto a questa proposta?».
- Enfatizzare le conseguenze del non accordo: metti in luce cosa potrebbe accadere se non si raggiunge un accordo. Ad esempio: «Se non concludiamo oggi, c’è il rischio che il progetto subisca ritardi significativi». Usa storie o esempi di scenari negativi in cui altre persone o aziende hanno subito danni non agendo in tempo.
- Offrire sicurezza e controllo: dopo aver identificato le paure, offri soluzioni che riducano l’ansia dell’altra parte. Ad esempio: «Capisco che possiate temere un rischio economico. Ecco perché proponiamo una garanzia o un periodo di prova». Fornisci dati concreti o testimonianze che rassicurino la controparte.
- Creare urgenza senza intimidire: introduci una scadenza per incoraggiare l’altra parte a prendere una decisione. Ad esempio: «Questa offerta sarà valida solo fino alla fine del mese». Evita di sembrare minaccioso; il tono deve essere informativo, non coercitivo.
- Utilizzare un linguaggio strategico: usa frasi che stimolino riflessione, come: «E se non fosse possibile trovare una soluzione oggi, come vi preparereste a gestire le conseguenze?». Presenta il tuo punto di vista come una via per evitare problemi futuri. Un esempio pratico potrebbe essere: se stai negoziando un contratto e sai che l’altra parte teme un rischio reputazionale, potresti dire: «Lavorare con noi vi protegge da potenziali problemi di immagine, dato che abbiamo una comprovata esperienza nel mantenere alti standard etici».
Gioia
Sfruttare l’emozione della gioia in una negoziazione è una strategia potente, perché la gioia crea un clima positivo, rafforza le relazioni e predispone le persone a prendere decisioni più collaborative. A differenza della paura, che può generare tensione, la gioia incoraggia apertura e ottimismo, favorendo risultati win-win. Attenzione: non sembrare artificioso, la gioia deve essere autentica. La forzatura può apparire manipolativa. Non ignorare problemi reali: celebra il positivo, ma affronta eventuali preoccupazioni con serietà. Ecco come farlo:
- Creare un’atmosfera positiva: fai leva sul sorriso e sul linguaggio del corpo. Mostrati entusiasta e accogliente. Un sorriso sincero può rilassare la controparte e mettere le basi per una negoziazione più serena. Crea un accoglienza calorosa: inizia la conversazione con un tono amichevole e un icebreaker che possa mettere a proprio agio l’altra parte. Se possibile, scegli un ambiente confortevole, come una sala luminosa o una location in un luogo piacevole.
- Condividere successi e possibilità: se avete già collaborato, ricordate i successi comuni: «L’ultima volta che abbiamo lavorato insieme, il risultato è stato fantastico!». Ricordati di proiettare un futuro positivo, descrivi i benefici del raggiungimento di un accordo, mostrando come entrambe le parti possano trarne vantaggio.
- Stimolare emozioni positive attraverso lo storytelling: racconta storie di successo che possano ispirare l’altra parte. Ad esempio: «Un nostro cliente ci ha detto che questa soluzione ha migliorato enormemente il loro processo». Usa esempi personali che mostrano il tuo entusiasmo per l’accordo e la tua passione per ciò che stai proponendo.
- Riconoscere i punti di forza della controparte: esprimi apprezzamento genuino: «Ammiriamo molto il vostro lavoro in quest’area, ed è per questo che riteniamo che questa collaborazione possa essere davvero vincente». E dai valore ai i progressi durante la negoziazione: «Siamo davvero felici del punto a cui siamo arrivati oggi, siete stati fantastici nel considerare queste opzioni».
- Offrire vantaggi chiari e immediati: proponi incentivi che generino entusiasmo, come sconti esclusivi, bonus o benefici tangibili. Ad esempio: «Se chiudiamo oggi, possiamo includere un servizio aggiuntivo senza costi extra».
- Chiudere con un momento di celebrazione: quando si raggiunge un accordo, celebra il risultato: «È un piacere lavorare insieme! Non vediamo l’ora di iniziare». Se appropriato, proponi un brindisi, una stretta di mano calorosa o un gesto simbolico per sigillare l’accordo in modo memorabile. Esempio pratico: se stai negoziando un contratto con un cliente e vuoi enfatizzare la gioia, potresti dire: «Immaginate come questa soluzione potrà migliorare il vostro lavoro quotidiano e farvi risparmiare tempo. Sarà fantastico vedere i risultati insieme!».
Secondo Daniel Goleman l’intelligenza emotiva (QE) è due volte più rilevante delle capacità cognitive (QI) come fattore predittivo di performance eccezionali. Riconoscere e comprendere le proprie emozioni e, possibilmente, quelle degli altri è un’abilità determinante quando affrontiamo e gestiamo i nostri processi negoziali. Insomma: una strategia emotiva accorta ed efficace parte innanzitutto da un lavoro su sé stessi, prima e dopo che proviamo le emozioni, per essere in grado di gestirle, mentre le proviamo.
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