L’AI nel futuro del lavoro: incontro di GIDP con BOOM

Organizzata dall’associazione che riunisce oltre 4.500 direttori HR in Italia in collaborazione con l'hub di innovazione di CRIF, l'iniziativa si è incentrata sul rapporto tra tecnologie emergenti, analisi dei dati e sfide etiche incombenti sul mondo delle risorse umane

Sta modificando in modo significativo le dinamiche delle risorse umane, con impatti diretti su selezione, formazione e gestione del personale. L’intelligenza artificiale, con la sua pervasività e le sue molteplici applicazioni e implicazioni operative ed etiche nei processi aziendali, è stata al centro di un incontro organizzato da GIDP, l’associazione che riunisce oltre 4.500 direttori HR in Italia, in collaborazione con BOOM, knowledge e innovation hub di CRIF.

Secondo i dati dell’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano, il 32% delle aziende italiane utilizza almeno una tecnologia basata sull’intelligenza artificiale in ambito HR. Tra le soluzioni più diffuse figurano chatbot per interazioni con dipendenti e candidati, sistemi di elaborazione del linguaggio naturale per l’analisi automatizzata dei CV e strumenti di raccomandazione per la personalizzazione dei percorsi formativi. In espansione anche l’AI generativa, impiegata per la produzione automatizzata di testi e materiali formativi.

Marina Verderajme

Secondo Marina Verderajme, Presidente di GIDP/HRDA, «l’intelligenza artificiale è come uno tsunami, entusiasmante ma con profonde implicazioni etiche. Le risorse umane devono avere un ruolo centrale nell’integrazione dell’AI in azienda. La formazione e l’acquisizione di competenze specifiche su rischi e opportunità sono essenziali per gestire questa trasformazione».

L’uso dei dati sta assumendo un peso crescente nella gestione delle risorse umane. HR Analytics consente di ottimizzare i processi aziendali attraverso modelli predittivi e analisi avanzata delle informazioni.

Giorgio Lavalle, Senior Business Analyst, e Andrea Segantini, Project Manager di CRIF, hanno invece evidenziato i principali benefici concreti che possono derivare dall’analisi avanzata dei dati, a partire dalla selezione del personale: i modelli predittivi permettono di identificare i candidati più adatti, riducendo tempi e costi di recruiting.
I sistemi AI consentono anche di personalizzare i percorsi di apprendimento, aumentando l’efficacia della formazione. Permettono, inoltre, di efficientare la gestione delle performance. Attraverso l’analisi dei dati, infatti, supporta strategie di sviluppo mirate, identificando punti di forza e aree di miglioramento.
L’integrazione di competenze tecnologiche all’interno delle strutture HR diventa quindi una priorità per sfruttare appieno il potenziale degli HR Analytics.

«Il 2025 porterà nuove possibilità applicative, rendendo ancora più cruciale lo sviluppo di una cultura aziendale orientata ai dati», hanno sottolineato gli esperti di CRIF. «Integrare un approccio data-driven nelle risorse umane è una necessità per migliorare l’efficienza operativa e creare ambienti di lavoro più coinvolgenti».

Inevitabilmente, l’adozione dell’AI nelle risorse umane pone anche sfide organizzative e sociali. Francesco Veneziani, P&C Country Labour Relations Manager di Sanofi Italia, ha illustrato il modello adottato dall’azienda, che ha avviato un percorso di co-progettazione con i dipendenti. Da questa iniziativa è nato un accordo strategico con Assolombarda e le principali sigle sindacali, con il supporto dell’Osservatorio Digital Innovation del Politecnico di Milano.
L’obiettivo è garantire un’integrazione equilibrata dell’AI, con un approccio inclusivo che tenga conto delle diverse generazioni presenti in azienda.

L’impiego dell’AI nei processi HR, specie dopo le restrizioni introdotte dall’AI Act europeo, solleva delicate questioni di ordine etico e legale.
Olindo Genovese, avvocato dello Studio Legale Daverio&Florio, ha spiegato quali sono i principali vincoli normativi, tra cui il divieto di impiego di sistemi AI per rilevare emozioni o stati d’animo dei dipendenti attraverso dati biometrici o comportamentali.
Ulteriori criticità riguardano la protezione dei dati personali, il rispetto del GDPR e le normative sulla sorveglianza sul lavoro. Dall’incontro è emerso quanto sia essenziale stabilire criteri chiari di responsabilità e garantire che i dipendenti siano adeguatamente formati sull’utilizzo di questi strumenti.

L’intelligenza artificiale non si limita ad automatizzare le attività operative delle risorse umane, ma ne sta ridefinendo profondamente il ruolo. Tuttavia, in Italia l’adozione di queste tecnologie procede a rilento, ostacolata da barriere culturali e operative, tra cui la limitata familiarità con gli strumenti digitali e la carenza di competenze specialistiche.
Come però sottolinea Marina Verderajme, «la possibilità di analizzare grandi quantità di informazioni in tempo reale consente di individuare tendenze, prevedere esigenze future e personalizzare i percorsi di sviluppo dei talenti. L’HR del futuro sarà sempre più data-driven, con un ruolo chiave nella definizione di strategie organizzative basate su insight oggettivi. Questo richiederà un cambio di mentalità e l’acquisizione di nuove competenze, in grado di bilanciare l’innovazione tecnologica e la gestione del capitale umano».

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