
Addio al dress code in ufficio e nella vita? Dipende
Ispirata dal look casual adottato dal celebre attore Adam Sandler alla cerimonia degli Oscar, la nostra contributor Atena Manca riflette sull'impatto che lasciamo sugli altri con il modo in cui ci vestiamo, sostenendo che le prime impressioni contano ancora. Soprattutto al lavoro.
di Atena Manca*

Durante l’ultima edizione degli Oscar, in mezzo a una sfilata di smoking impeccabili, Adam Sandler si è presentato con una felpa azzurra e sneakers. Una scelta ironica, sicuramente voluta, che ha acceso il dibattito: davvero il modo in cui ci vestiamo non ha importanza? O siamo ancora legati all’idea che l’apparenza influenzi la percezione?
Certo, possiamo affermare che le competenze, la preparazione e la professionalità siano ciò che davvero conta. Ma la realtà è che il primo impatto visivo ha un peso enorme, ed è un aspetto che non possiamo ignorare. La scienza conferma che nei primi secondi di un incontro costruiamo un’opinione su una persona basandoci prevalentemente su segnali non verbali, tra cui il modo di vestire.
Nel mondo del lavoro, questa dinamica è ancora più evidente. Gli uomini, in contesti più formali, hanno un’uniforme consolidata: abito, camicia e cravatta. Il loro abbigliamento passa quasi inosservato, lasciando spazio a valutazioni su esperienza e carisma. Per le donne, invece, l’abbigliamento offre un ventaglio di possibilità che, se da un lato esprimono personalità, dall’altro espongono a giudizi impliciti e aspettative sociali.
Uno studio condotto nel 2012 da Hajo Adam e Adam Galinsky della Northwestern University ha introdotto il concetto di “enclothed cognition”, dimostrando che ciò che indossiamo non solo influenza la percezione degli altri, ma anche il nostro stesso comportamento e performance. Indossare un abito formale, ad esempio, può aumentare la percezione di autorità e competenza. Questo concetto si lega a una ricerca più recente pubblicata su State of Mind nel 2023, che evidenzia come l’abbigliamento possa incidere sugli stati d’animo e sulla sicurezza personale.
Le donne vestite in modo elegante ottenevano più facilmente aiuto in ambienti come aeroporti, mentre quelle vestite in modo più trasandato ricevevano maggiore assistenza in stazioni degli autobus. Questo suggerisce che l’abbigliamento influisce sulla percezione e sul comportamento altrui in modo sottile ma significativo.
Un outfit può trasmettere sicurezza e professionalità, ma può anche generare distrazione o fraintendimenti. Un abbigliamento troppo appariscente rischia di spostare l’attenzione dal contenuto del discorso alla forma, e in alcuni ambienti lavorativi, l’eccessiva informalità può essere percepita come mancanza di serietà.
Questo non significa rinunciare alla propria individualità, ma piuttosto trovare il giusto equilibrio tra espressione personale e contesto. La Generazione Z, per esempio, sta ridefinendo il concetto di dress code, portando in ufficio un’estetica più fluida e meno rigida rispetto alle generazioni precedenti. Se da un lato questo riflette una maggiore libertà di espressione, dall’altro richiede ancora consapevolezza: le prime impressioni contano, e l’abbigliamento resta uno strumento di comunicazione potente.
Qual è, allora, la soluzione? Puntare su un look che ci rappresenti, che ci faccia sentire a nostro agio, ma che sia anche strategico. Classici rivisitati, colori sobri con un tocco distintivo, accessori che raccontano qualcosa di noi senza rubare la scena. E, soprattutto, ricordare che ciò che indossiamo non definisce il nostro valore, ma può aiutarci a sottolinearlo nel modo giusto.
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* Chi è l’autrice
Atena Manca è una professionista con 20 anni di esperienza nel marketing e nella comunicazione. Laureata in Economia per l’Arte e la Cultura all’Università Bocconi e con un Master in Marketing a Publitalia ’80, ha completato di recente il corso Mastering Digital Marketing in an AI World alla London Business School. Creatrice del blog Madonnager.it, Atena condivide riflessioni e consigli (anche quelli non richiesti!) su come bilanciare carriera, maternità e vita personale, sempre con un pizzico di ironia.
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